Ricerca a cura di jigoro

Strumenti topografici medievali

Nel medio evo, malgrado lo scarso interesse per le scienze matematiche e la geometria, erano conosciuti parecchi strumenti semplici utilizzati dagli agrimensori.(noti fin dai tempi dell'antico Egitto)

Questi, al servizio dei signori, si occupavano di registrare e rilevare le grandi proprietà di questi ultimi, di rilevare campi di battaglia, di sovrintendere alla costruzione di castelli, chiese, fortificazioni, opere idrauliche

Nastri misuratori.

Filo a piombo.

Archipendolo

Squadro agrimensorio

Groma

Quadrante

Baculo mensorio

Tavoletta pretoriana


Nastri misuratori.

I nastri misuratori (bindelle, rotelle, fettucce) possono essere fatti di fibre vegetali (lino, canapa) rinforzate da fili di acciaio: hanno una lunghezza di 5 metri, di 10 metri, di 20 metri e di 50 metri, in antichità l'unità di misura era quella riferita a quel dato periodo (piede, spanna,ecc.). Essi possono essere racchiusi in una custodia metallica ricoperta di fibra o cuoio, oppure possono essere arrotolati su rulli.

 

 


Filo a piombo.

Il filo a piombo è costituito da un filo alla cui estremità è sospesa una massa pesante (piombino) terminate a punta. Mantenendo sospeso il filo dalla parte dell'estremità libera, per gravità esso si dispone lungo la verticale. L'attacco del filo a piombo deve essere tale che la punta terminate si trovi sulla verticale del filo a piombo. Il piombino spesso è costituito da due parti: l'una cilindrica alla quale si fissa il filo, l'altra conica, che si può avvitare alla prima in modo che la punta risulti interna al cilindro stesso, nel secondo caso per proteggerla durante il trasporto. Per individuare il punto a terra situato sulla verticale del centro di uno strumento o per portare il centro di uno strumento sulla verticale di un punto prefissato, il filo a piombo viene fissato sotto lo strumento in un punto della verticale passante per il suo centro. Per eseguire la prima operazione si fa stazione con lo strumento e si abbassa il piombino fino a che la punta tocchi il terreno; per eseguire la seconda operazione, si sposta lo strumento fino a che la punta del piombino, abbassato in modo da sfiorare il terreno, si porti a coincidere con il punto prestabilito, evidentemente è necessario poter variare facilmente la lunghezza del filo a piombo.

 


Archipendolo

l'archipendolo è costituito in modo da formare un triangolo isoscele o equilatero, con i due lati principali prolungati in uguale misura. Al vertice è fissato un filo a piombo, che sfiora la base del triangolo che riporta delle tacche, per individuare quando il piano da delimitare è perfettamente orizzontale. L'archipendolo è utilizzata solamente per piani di limitate dimensioni. Livella a bicchieri la livella a bicchieri è costituita da due bicchieri di vetro o di plastica trasparente, collegati da un tubo in plastica o anticamente in budello animale. La livella a bicchieri serve a tracciare piani con notevole precisione, i bicchieri vengono riempiti di acqua, per il principio dei vasi comunicanti l'acqua in entrambi i bicchieri è allo stesso livello, dunque il livello dell'acqua da un piano orizzontale. L'unico errore che si può compiere, si ha nelle lunghe distanze in cui il livello dell'acqua segue l'elissoide terrestre, questo errore può essere trascurato nelle brevi distanze.

 


Squadro agrimensorio

Dicesi squadro lo strumento atto a tracciare tra di loro allineamenti perpendicolari. Il più semplice è lo squadro agrimensorio, il quale concettualmente si ottiene dall'accoppiamento di due diottre a traguardi disposte con i piani di mira perpendicolari fra di loro. In genere esso è costituito da una scatola metallica a forma di cilindro o di prisma ottogonale, cava interamente, sulla cui superficie secondo le generatrici del cilindro o lungo le mediane delle facce laterali del prisma sono praticate delle fenditure sottili formanti a due a due dei piani di traguardo. Il tipo più comune è quello cilindrico, il quale porta quattro coppie di fenditure: due coppie hanno le fenditure più lunghe e formano due piani di traguardo perpendicolari fra loro, detti traguardi principali; le altre due hanno le fenditure più corte e formano due piani di traguardo perpendicolari fra loro, detti traguardi secondari; disposti a 45° rispetto ai principali. Alle estremità di ciascuna fenditura ci sono due fori detti cercatori, di diametro maggiore della larghezza delle fenditure stesse, per facilitare la ricerca dei punti da collimare. Sulla base del cilindro sono praticate altre quattro fenditure disposte nei piani dei traguardi principali, che tornano utili quando si deve lavorare in terreni accidentati, in quanto traguardando da una delle fenditure laterali attraverso la corrispondente fenditura alla base superiore, si riesce a vedere paline situate in posizioni più elevate e viceversa, traguardando da una fenditura alla base e la corrispondente laterale si riesce a vedere paline situate in posizioni più basse. Per lo stesso motivo si costruiscono anche squadri specie nei quali le fenditure sono praticate secondo centri meridiani. Talvolta le fenditure hanno larghezza diversa: sono più strette (di circa 0, 4 millimetri) quelle oculari; più larghe con un filo teso verticalmente secondo la mediana, quelle obbiettive. Si realizzano anche squadri agrimensori a traguardi reciproci, nei quali ogni fenditura costituente un traguardo principale è formata da una parte più stretta che funge da oculare e una più larga, con il filo teso lungo la mediana che funge da obiettivo. Le due parti sono alternate in modo che alla fenditura oculare risulti opposta la finestrella obbiettiva e viceversa. Gli squadri agrimensori sono uniti infinitamenteeri inferiormente di un manicotto tronco conico che si infila nella testa di un bastone o di un treppiede generalmente di legno, che permette di disporre l'asse dello quadro sulla verticale di un determinato punto del terreno, nel secondo caso con l'ausilio di un filo a piombo appeso da un apposito gancio portato dal treppiede. Lo squadro agrimensorio permette di risolvere i seguenti problemi: tracciare un allineamento; da un punto di allineamento condurre un altro perpendicolare al primo; determinare su un allineamento il piede della perpendicolare condotta da un punto esterno ad esso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Groma

la groma è costituita da due aste di legno di uguale lunghezza imperniate al centro e perpendicolari fra di loro, alle loro estremità sono appesi dei fili a piombo. La groma serve a tracciare allineamenti perpendicolari fra loro per far ciò bisogna traguardare attraverso i fili a piombo disposti sullo stesso asse, a questo punto con delle paline si segna un angolo di 90° formato dall'intersezzione delle linee formate dalle paline al centro della groma.

 


Quadrante

il quadrante è costituito da un arco generalmente di 180° generalmente di metallo, al cui centro è attaccato un filo a piombo, e lungo il raggio dell'arco è attaccata una mira ottica. Esso permette di trovare l'altezza o la distanza dall'osservatore di un oggetto. Per calcolare la distanza di un oggetto osservare lo stesso attraverso la mira ottica nella sua parte più bassa e quella più alta, e leggere l'angolo formato dallo zero del goniometro e il punto dove incontra il filo a piombo, la formula è: distanza = h:tgx+tgx2, mancano la formula inversa si può calcolare l'altezza. Il quadrante può avere anche una forma quadrata cui su un lato ci sono scritti dei valori di tgx, il lato del quadrante misura 1 metro dunque dall'uguaglianza: 1:tgx=D:h dove D è la distanza dall'oggetto e h è l'altezza dell'oggetto.

 


Baculo mensorio

il baculo mensorio è costituito da un bastone con alla sua estremità attaccato un'altro bastone perpendicolare al primo imperniato al centro. Il baculo mensorio serve a valutare l'altezza di un oggetto, traguardando lo stesso attraverso una mira ottica posta all'estremità della baculo del bastone più lungo, si guarda fino a che il bastone più corto copra l'oggetto in questione, tramite una uguaglianzasi può calcolare la distanza o tramite la formula inversa l'altezza,l'uguaglianza è: lunghezza del bastone più piccolo: lunghezza bastone più grande=x:distanza dall?oggetto.Variando la lunghezza del bastone più lungo si può determinare l'altezza di un oggetto da qualsiasi distanza.


Tavoletta pretoriana

La tavoletta prettoriana, costruita per la prima volta da Giovanni Pretorius sul finire del secoloXVI, è un goniografo, cioè uno strumento che serve non a misurare ma a tracciare direttamente gli angoli azimutali su un foglio da disegno. Essa è formata da un robusto treppiede, da un basamento da una tavoletta o specchio, da una mira ottica, può essere corredata anche da una livella torica da piani, da una bussola, da una squadra zoppa, e la mira ottica può essere sostituita da una diottra a canocchiale.

 

 

 

 

La bussola



"La bussola é uno strumento necessario ed insostituibile per la navigazione. Sarebbe, quindi, lecito pensare che per la sua costruzione ed il suo mantenimento si usino la massima cura ed attenzione ... eppure, la maggior parte dei naviganti é spesso priva di riguardo per questo strumento così utile ..."
DA:
(The Complete Dictionary of Arts and Sciences, 1764)


Le origini della bussola magnetica sono ancora oscure, tant'é che molti popoli, attraverso storie e leggende, ne rivendicano l'invenzione.
Già nel 600 a.C. Talete da Mileto usava la magnetite come prova evidente delle sue convinzioni secondo cui ogni oggetto è pervaso dalla essenza delle divinità: nell'attirare a il ferro, la "pietra con l'anima" non manifestava null'altro che una essenza divina più palese in essa che in altri oggetti inanimati.
Appare probabile che le proprietà direzionali della magnetite (in inglese lodestone da leading-stone , letteralmente "pietra-guida") o di un pezzo di acciaio "toccato" dalla magnetite fossero già note ai Cinesi, agli Indiani, agli Arabi ed ai Turchi, oltre che a diversi popoli europei, già dal primo Medioevo.
E' certo che alcune rudimentali bussole magnetiche fossero in uso già nel dodicesimo secolo; quasi sicuramente costituite dal solo ago magnetico appoggiato su di un supporto ligneo galleggiante in una brocca d'acqua.
Descrizioni più o meno accurate di tali bussole arcaiche si ritrovano in cronache di diversa epoca e provenienza.
Si riporta, ad esempio, la traduzione di un manoscritto arabo datato 1240 d.C.:

"Io so che i Comandanti i quali, navigando nel mar della Siria, vengono colti da una notte tanto buia da non potersi più orientare col fulgore delle stelle, riempiono d'acqua uno staio e lo pongono al riparo dal vento. Poscia, prendono un ago e lo poggiano su di un ingaggio di legno a guisa di croce, così che possa liberamente galleggiare, indi stringono in una mano una pietra magnetica che fanno ruotare verso la dritta attorno all'ago il quale ruota anch'esso sul pelo dell'acqua. Allora ritirano subitamente la mano che stringe la pietra e dunque l'ago volge una sua punta verso Sud e l'altra al Nord. L'ho visto io, con i miei occhi, ho visto fare tutto questo durante i miei viaggi in mare tra Tripoli e Alessandria nell'anno 640 (1240 d.C. n.d.r.).



Fig. 1

Probabilmente, già dal 265 d.C. esistevano bussole rudimentali a bordo delle navi cinesi (Fig. 1) e, nonostante alcune fonti attribuiscano a Marco Polo (1254-1324) il merito di aver importato l'uso della bussola nel Mediterraneo, pare accertato che lo strumento fosse già in uso nell'Europa dell'anno Mille.
Bisognerà aspettare il quindicesimo secolo perché appaia il termine Bussola, dal nome della cassa di legno che conteneva l'ago magnetico, il Bossolo (Fig. 2).




Fig. 2

Ai punti cardinali della bussola furono, in origine, attribuiti i nomi dei venti che da quelle direzioni soffiavano.
Omero (900 a.C. circa) parla di quattro venti: Borea, il vento del Nord, Euro, il levante; Noto, il vento del Sud e Zefiro il ponente.
Più tardi, verso il primo secolo a.C., le direzioni notevoli salirono ad otto, quante sono istoriate nel Tempio dei Venti di Atene.
Col perfezionarsi delle tecniche e delle esigenze della navigazione, si afferma il sistema cosiddetto "Italiano" a dodici venti, caratterizzato da 2 direzioni intercardinali per quadrante, che fu usato largamente durante tutto il Medioevo.
Dal sedicesimo secolo in poi, l'uso sempre più sistematico della bussola magnetica in navigazione si avvalse di sedici o trentadue direzioni, denominate con simboli diversi dai diversi popoli navigatori.
Ad esempio, nell'Italia del Medioevo pare certo che il Nord fosse rappresentato da una lettera T, da Tramontana (Fig. 3).




Fig. 3

Si potrebbe ipotizzare che il simbolo a guisa di giglio o fiordaliso che tuttora é in uso per indicare la direzione del Nord, altro non sia che la progressiva mutazione della lettera T ornata ed arabescata. Allo stesso tempo, la direzione di levante era sovente ornata con un simbolo di croce.
La definizione delle trentadue direzioni (Fig. 4) pare abbia avuto origine in Belgio durante il sedicesimo secolo ad opera dei piloti di Bruges, i quali dovettero far riferimento alla forma contratta di una antica versione francese dei quattro venti cardinali, nord, sud, est ed ouest .



Fig. 4

Nel tempo, si affermarono le direzioni del mezzo e del quarto di quadrante ma si dovrà attendere la metà del diciassettesimo secolo perché faccia la sua comparsa la divisione sessagesimale, sebbene il Maricourt abbia descritto uno strumento graduato con 360 tacche già nel 1269.
La Rosa dei Venti ornamentale fece la sua comparsa sulle carte geografiche nel tardo Trecento, ma non esistono prove che il simbolo fosse in relazione con la comparsa della rosa nella bussola magnetica.
Invero, pare più probabile che la nomenclatura delle direzioni cardinali e intercardinali fosse, in origine, scritta all'interno della cassa di sospensione dell'ago e non é possibile stabilire con esattezza a chi si deve il trasferimento della graduazione su di una rosa cartacea solidale con l'ago magnetico.
Alcuni suggeriscono che tale evento sia stato compiuto attorno al 1302 dall'amalfitano Flavio Gioia, il quale avrebbe anche deciso di ornare il Nord con un simbolo a forma di giglio in onore della casata d'Este.
Ad ogni buon conto, questa modifica segna la differenza sostanziale tra le comuni bussole a sospensione di uso terrestre e la bussola nautica la quale, mostrando a colpo d'occhio la direzione di tutti i punti dell'orizzonte, serve ad indicare una rotta e può, quindi, utilizzarsi in mare.
L'introduzione della linea di fede (una tacca che indica la direzione della prora) pare sia occorsa verso la fine del diciottesimo secolo.
A partire dal secolo diciassettesimo, si diffuse la pratica di decorare le direzioni notevoli della rosa con disegni a tema astronomico, mitologico, nautico. Nel secolo diciottesimo furono prodotte bussole nautiche decorate così finemente dall'essere a ragione considerate opere d'arte (Fig. 5 e 6).





Figg. 5 e 6

Verso la fine del sedicesimo secolo fa la sua comparsa la bussola azimutale, utile per misurare il rilevamento di un punto noto, di un astro, di un'altra nave.
Nei primi modelli il traguardo era solidale alla cassa o mortaio costruita in modo da poter ruotare in un piano orizzontale (Fig 7).
Solo successivamente comparve il cerchio azimutale di cui sono dotate le bussole di rilevamento dei giorni nostri.
La bussola azimutale fu scarsamente usata fino al tardo diciottesimo secolo, ed era in dotazione alle sole navi britanniche che navigavano su rotte oceaniche.



Fig. 7


Già da lungo tempo, era in uso racchiudere lo strumento in un contenitore fisso detto "chiesuola"; termine, questo, che originariamente si riferiva alla cabina od al ricovero del pilota ove egli custodiva i suoi strumenti.
Durante tutto il diciassettesimo secolo, le bussole erano usate per determinare la direzione del vento piuttosto che per stabilire la rotta.
La bussola magnetica era, evidentemente, uno strumento troppo misterioso e i naviganti del tempo troppo superstiziosi per affidare ad essa i propri destini.
La prima descrizione completa di un alloggio di bussola é datata 1627:

"...una scatola quadrata di legno assemblata con nottoli di legno ... costruita in guisa tale che una lampada od una candela di sego illumini soltanto la rosa ... e in essa perennemente é riposta la bussola..."

La forma costruttiva della chiesuola ha subito una lieve evoluzione tra il diciassettesimo secolo e l'inizio del diciannovesimo.
Una sua descrizione datata 1764 é riportata a bordo della celeberrima Victory dell'ammiraglio Nelson:

"CHIESUOLA: termine marinaro, un involucro di legno posizionato nelle immediate prospicienze della ruota di governo diviso in tre vani, uno dei quali, il centrale, ospita una lampada o una candela e gli altri due le bussole nautiche, tramite le quali si orienta la rotta" (Fig. 8).



Fig. 8


Una siffatta chiesuola, dunque, ospitava ben due bussole, a dritta ed a sinistra della ruota del timone, così da facilitare il governo della navigazione "per bordi". Una seconda chiesuola era prevista per il pilotaggio ed il controllo della navigazione.
Una ulteriore bussola, del tipo azimutale anzi descritto, veniva allestita all'occorrenza ed alloggiava su di un supporto solidale allo scafo o su di un treppiede collocato nel punto più favorevole per i rilevamenti terrestri od astronomici da eseguire.
Da questa abitudine, in uso presso la Marina di Sua Maestà Britannica, fu coniato il termine "bussola a chiesuola" (in inglese "Binnacle Compass", l'equivalente del termine italiano "Bussola Normale") che, evidentemente, si riferiva ad una strumento di controllo e di governo privo di apparecchi azimutali.
Infine, dal 1550 in poi si diffuse la tecnica della sospensione cardanica che permetteva una buona orizzontalità dell'equipaggio mobile durante le lunghe permanenze nel "mondo in moto perenne".

La bussola durante il diciottesimo secolo

A dispetto della sua fondamentale importanza nella navigazione, la bussola magnetica fu lungamente negletta dai naviganti per diverse centinaia di anni.
Fatte salve le modifiche ed i miglioramenti anzi descritti, il secolo diciottesimo ha visto le più profonde innovazioni conoscitive ed operative della bussola magnetica.
Verso l'inizio di quel secolo, la cassa o mortaio era costruita quasi esclusivamente in legno, col fondo rimovibile per poter accedere all'ago o agli aghi senza manomettere l'impermeabilizzazione del vetro di lettura.
E' proprio nel secolo decimottavo che cominciano a comparire casse in ottone, le quali, sebbene in uso già dalla metà del diciassettesimo secolo, erano prerogativa delle navi ammiraglie o a navigazione oceanica, dati gli alti costi (Fig. 9).



Fig. 9

L'ago magnetico stesso era spesso filiforme, pigro, con un potere magnetico debole e ben lungi dall'essere permanente.
Per questo motivo, si cominciò a fare uso di due aghi affiancati, laterali al punto di sospensione ed assicurati alla rosa in maniera spesso inadeguata rispetto alla diffusa incuria dei naviganti stessi, che sovente ignoravano i già insufficienti standard di manutenzione ed uso del tempo.
E' d'obbligo, a questo punto, considerare quanto grandi siano stati il coraggio e la perizia degli uomini di mare del quindicesimo, sedicesimo e diciassettesimo secolo i quali, pur disponendo di uno strumento rozzo e rudimentale, ne hanno sfruttato al massimo i ben modesti pregi.
Il 27 ottobre 1707, una squadra di sei navi comandate da Sir Clowdisley Shovell andò a naufragare sugli scogli ad ovest dell'isola di Scilly. Quattro delle sei navi andarono a picco e l'inchiesta svolta successivamente dall'Ammiragliato sullo stato delle bussole a bordo delle navi di Sua Maestà appurò che su 145 navi componenti la prima flottiglia esaminata (136 con bussola in legno) solo tre bussole (due delle quali sulla stessa nave) potevano dirsi strumenti di navigazione, e tutte e tre erano costruite in ottone.
Da allora, la cassa in ottone diventò d'ordinanza sulle navi britanniche, sebbene la sua antenata in legno abbia resistito un altro secolo prima della scomparsa definitiva.
Il primo sostanziale ammodernamento della bussola nautica é da assegnarsi all'opera del londinese Gowin Knight che nel 1745 concepì un metodo per magnetizzare sbarrette d'acciaio molto più tenacemente che col semplice metodo di "contatto". Gli aghi magnetici da lui prodotti gli fruttarono la nomina a membro della Royal Society, nonostante la sua ostinazione a tenere segreto quel metodo che, pare, fosse null'altro che la esclusiva proprietà di potentissimi magneti naturali.
Nel 1749 Knight fu chiamato ad investigare gli strani fenomeni occorsi alla nave Dover che, colpita giorni prima da un fulmine, presentava la bussola orientata per Sud e i rivetti della chiesuola (imperdonabilmente costruiti in acciaio) magnetizzati permanentemente.
Attonito nel constatare la rudimentalità costruttiva ed operativa degli apparati magnetici di bordo (che pure si confacevano agli standard dell'epoca), egli decise di costruire e commercializzare una bussola che si rivelò decisamente superiore ad ogni altra sua contemporanea.
La bussola Knight si caratterizzava per la presenza di un singolo magnete piatto in acciaio, assicurato al di sopra della rosa così da non doverlo forare ed equilibrato da un anello di ottone posto al di sotto della rosa. Numerosi prototipi della bussola Knight (costruita per lui da John Smeaton, esperto costruttore di bussole e lampade da faro) furono collaudati in mare; lo stesso Knight si occupò personalmente di uno di questi collaudi a bordo della nave Fortune in condizioni di mare mosso. Probabilmente, Gowin Knight fu il primo vero studioso di stabilità ed efficienza della bussola nautica, ma la sua intera vita non bastò a risolvere il problema in maniera per lui soddisfacente. Nondimeno, le sue esperienze contribuirono alle successive evoluzioni conoscitive e costruttive delle bussole nautiche e le caratteristiche della bussola Knight furono per lungo tempo imitate dai costruttori di oltre la Manica; tant'é che essa si può considerare lo strumento magnetico più affidabile fino alla Bussola Standard dell'Ammiragliato Britannico comparsa nel 1840. A titolo di aneddoto, si deve attribuire a Knight il primo brevetto di bussola nautica mai concesso nel Regno Unito (1766).
Durante il secolo diciottesimo, come si diceva, si rileva un vivace fermento di idee, azioni ed aggiornamenti circa le eredi della "pietra magica".
Nel 1728, lo Stato Maggiore della marina inglese decise, all'interno di un progetto economico governativo, di dare inizio ad una propria costruzione di bussole presso l'arsenale di Deptford, piuttosto che commissionarle a privati, ma la scelta non si rivelò felice La produzione di strumenti non riuscì a coprire la domanda e quando, nel 1758, la nave Torbay passò attraverso le isole Channel mancando la destinazione di Portland Bill nonostante la prora bussola fosse quella giusta, fu chiaro che urgeva dotare le navi inglesi di strumenti affidabili.
Gowin Knight fu nominato Ispettore generale di bussole della Reale Marina che, con la sua bussola, equipaggiò le navi più grandi, sebbene i comandanti dei piccoli vascelli si ostinassero a considerarla "troppo delicata", come lo stesso capitano Cook, che, addirittura, pare avesse una ben scarsa opinione della bussola magnetica come strumento di navigazione. Fu quindi verso l'inizio del diciottesimo secolo, sulla scorta delle cronache di tanti naufragi e con lo sviluppo della curiosità scientifica circa le attività umane legate al mare, che la comunità dei naviganti si accorse che la bussola magnetica, strumento principe della navigazione, era tutt'altro che precisa. Incredibilmente, doveva passare un altro secolo prima che qualsiasi passo fosse compiuto per rimediare ad una situazione che così tanto pesava in termini di merci, navi e vite umane perdute.
Nel marzo 1842, su suggerimento del "Compass Committee" insediatosi nel luglio 1837, l'Ammiragliato di Sua Maestà Britannica diede vita al "Compass Department", al fine di scoprire le ragioni di "un male tanto grave quanto sconosciuto" e porvi rimedio. Gli eredi di quel piccolo Dipartimento, oggi noto come "Admiralty Compass Observatory", hanno dato vita ad una organizzazione che si occupa quotidianamente di "everything that matters", "tutto quanto concerne" gli strumenti di navigazione, sulla scia dei loro antenati del 1842.


Tratto da: "Dalla pietra animata alla bussola normale", L. Rovito, 1993, Istituto di Navigazione "G. Simeon", Napoli